Sempre cogliendo fior da fiore nelle diverse discussioni o invettive o scomuniche da social network sulla proposta dell’installazione ai Campi Diomedei della scultura-installazione di Felice Limosani, viene in campo, subito dopo ‘u ciucce granezzuse di cui ci siamo occupati nella prima puntata, un’altra figura centrale del Foggianesimo: il Disinformato Ininformabile.
Chi lavora nel campo della comunicazione a Foggia conosce da tempo la proilifica stirpe del «Non hanno fatto sapere nulla». Eventi pubblicizzati con manifesti sei metri per tre, spot radiofonici e televisivi, pagine di giornali, banner online, sono considerati dal Disinformato occultati e nascosti per la banale ragione che lui non ne era stato edotto. Non importa se a quegli stessi eventi partecipano centinaia o migliaia di persone che evidentemente in qualche modo lo avranno saputo: il Disinformato, con il sopracciglio aggrottato e un espressione di corrucciato disappunto non dirà mai «Non lo sapevo», ma «Non hanno fatto sapere».
Nel lessico del Foggianesimo la terza persona plurale è insostituibile: il «noi» significa una pur parziale assunzione di responsabilità; il «voi», infrequente, ha il pregio di rappresentare almeno una contrapposizione; ma è più rassicurante il «loro», un indistinto insieme di altri a cui attribuire ogni tipo di inefficienza o limite, quando non una prava intenzione malevola.
In verità quest’ultimo aspetto appartiene ai corpi scelti del Foggianesimo, quelli che «la sanno lunga», che non si fanno menare per il naso dall’infame propaganda dei potenti. Ma questa categoria ad alto rischio epatico è frazionale rispetto alle già minoritarie milizie dell’arretratezza. Queste schiere sono spesso animate da uno spirito più paternalistico e bonario che indignato. Il loro motto ideale, un’espressione quasi poetica per la sua bellezza, è «Nun putevane fa…?».
Prendetevi un attimo per analizzare questa frase. Non solo è escluso che chi parla faccia una qualsiasi cosa, essendo il fare questione che riguarda la terza persona plurale, i famosi «loro». Il compito di chi pronuncia la frase serve a indicare un’alternativa migliore, peraltro declinata all’imperfetto, in modo che ne sia esclusa la realizzabilità. Si sarebbe potuto fare di meglio, ma non è più possibile: non ci resta che bocciare quello che si è fatto.
Il Disinformato Ininformabile ha dato nella discussione sui «tralicci» il meglio di sé, perché spesso interviene sotto articoli mediamente ben fatti, che spiegano con grande chiarezza che l’installazione, ove il Comune decida di autorizzarla, non costerà un centesimo alle casse pubbliche perché finanziata da privati che si tasseranno per un importo stimato fra i 200 e i 250mila euro (di costi vivi, perché l’artista lavorerà gratis). Ma il Disinformato, abituato a commentare articoli che non ha letto e non intende leggere, tiene a farci sapere come invece si sarebbero dovuti spendere «questi soldi», con una gamma fantasiosa che spazia dai boschetti alle fontane monumentali. Nessuno ha ancora proposto una bella rassegna di street food, ma prima o poi ci arriveremo.
Il piccolo dettaglio è che «questi soldi» non ci sono e non ci riguardano, perché non sono nostri, né come individui né come comunità. Sono di alcune persone che hanno deciso di sostenere un progetto. È un po’ come se ci si presentasse al banchetto dove si vendono le uova di Pasqua dell’Airc, o si raccolgono i fondi per Telethon e si rampognassero i donatori perché invece dovrebbero dare i soldi a un’altra meritevole causa di volontariato o di ricerca medica. Non è un’ipotesi di scuola: un mio conoscente ha esplicitamente detto di essere «infastidito» dal fatto che i mecenati abbiano ritenuto di sostenere il progetto di Limosani e non altre iniziative a suo giudizio più valide.
E meno male –viene da dire- che la quasi totalità di questi sostenitori del progetto è e intende restare anonima. A parte le insinuazioni limacciose (e un po’ schifose, diciamolo) dei vari «saperla lunga», vi immaginate la rottura di scatole di quelli che pretendono di dirti cosa fare con i tuoi soldi faticosamente e legittimamente guadagnati?
Naturalmente non tutti i Disinformati sono Ininformabili: c’è chi corregge la sua prima falsa impressione, chi si documenta, chi riflette. Ma la maggior parte di loro è dominata dall’infrenabile impulso di dire a tutti che non sa una mazza. Divertentissimi, nel genere, quelli che si inventano procedure, obblighi e veti inesistenti (brillano in materia quelli che si autoaccreditano come «esperti»). Si preoccupano di ribadire una cosa scontata (il fatto che uno voglia donarmi qualcosa non significa né che io debba accettarlo né che mi debba piacere) e nel frattempo tuonano contro la mancanza di un «bando pubblico», di un «concorso di idee» e consimili sciocchezze. Purtroppo la sindaca Episcopo, pur essendo persona spiritosa, sarebbe un po’ in imbarazzo a firmare un bando in cui ci sia scritto «Proponete una cosa qualsiasi e procuratevi i soldi per realizzarla, così forse ve la facciamo realizzare».
È il caso di sottoineare, a proposito, che nessuno degli apostoli del «nun putev’n fa…?» ha anche solo pensato a lanciare un crowdfunding, una raccolta di soldi per finanziare il bosco o la fontana o il filmato 3D sulla monta degli stalloni dei suoi sogni. Eppure una mia (poco) gentile interlocutrice mi ha notificato in una conversazione che «il 90% dei Foggiani» è contrario ai «tralicci». Se anche fossero meno, diciamo centomila, con il prezzo di due caffè ciascuno possono facilmente raggiungere o superare i soldi del perfido Limosani. Ma fare qualcosa di concreto è contrari ai princìpi fondamentali del Foggianesimo. Di cui nei prossimi capitoli illustreremo altri aspetti.